PREMESSA
Delle tre figure trattate (fratel Charles de Foucauld, piccola sorella Magdeleine e Madeleine Delbrêl) si potrebbe e dovrebbe dire molto di più. Ciò che è scritto è solo per fare conoscere la spiritualità grande verso Dio e la generosa scelta dei più poveri, dei più discriminati, delle minoranze lasciate ai margini di ogni società, l’amore universale verso tutti gli uomini, buoni e cattivi.
- Da Luigino Bruni, Guida alla lettura della Lettera enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”. Si può leggere la parte rimanente nella introduzione alla Lettera, nella edizione Paoline.
Papa Francesco in “Fratelli tutti” affida la fondazione biblica del suo discorso quasi esclusivamente alla parabola del buon samaritano del Vangelo di Luca. Una scelta importante e forte, che chiarisce subito che la fraternità di Francesco è una fraternità universale centrata sulla vittima.
Fratelli si nasce, prossimi si diventa scegliendo di esserlo.
Il prossimo, il fratello e la sorella del Vangelo non sono il vicino. Si tratta di una dimensione essenziale di questa nuova e diversa fraternità. In questo punto decisivo di “Fratelli tutti” il Papa trova un alleato (nascosto) nel premio Nobel per l’economia Amartya Sen, indiano, uno dei pensatori contemporanei più influenti e originali. Sen, da laico e rappresentante di una tradizione orientale (induismo), ci ha offerto una lettura di quella parabola molto vicina a quella di Francesco. Per Sen un’idea di giustizia che voglia essere giusta, cioè centrata sui principi fondamentali di equità e di imparzialità, ha bisogno di un’idea di prossimità non legata alla vicinanza geografica, etnica, religiosa, comunitaria. Scrive Sen:
“Il dovere verso i prossimi non è confinato soltanto a coloro che vivono accanto a noi. A stabilire un vincolo tra il samaritano e l’israelita ferito sono gli eventi stessi. Trovandosi in quella situazione, egli ha avuto accesso a una nuova prossimità. Nel nostro mondo sono ben pochi coloro che non possiamo ritenere prossimi a noi”.
- Da Papa Francesco, Lettera enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale “Fratelli tutti”. Si può completare la lettura dei paragrafi intermedi del capitolo II.
- … La parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare. «In quel tempo,un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: ‘Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno’. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”» (Lc 10,25-37). …
Lo sfondo …
- Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Nello stesso tempo, la parabola ci mette in guardia da certi atteggiamenti di persone che guardano solo a sé stesse e non si fanno carico delle esigenze ineludibili della realtà umana. …
Una storia che si ripete
- … Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza. E se estendiamo lo sguardo alla totalità della nostra storia e al mondo nel suo insieme, tutti siamo o siamo stati come questi personaggi: tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano. …
I personaggi …
- In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio: un sacerdote e un levita. Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. San Giovanni Crisostomo giunse ad esprimere con grande chiarezza tale sfida che si presenta ai cristiani: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità» (Omelie su Matteo, 50,3-4). Il paradosso è che, a volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti. …
Il prossimo senza frontiere …
- … La conclusione di Gesù è una richiesta: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc10,37). Vale a dire, ci interpella perché mettiamo da parte ogni differenza e, davanti alla sofferenza, ci facciamo vicini a chiunque. Dunque, non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri.