3° incontro

  • Da STATUTO e DIRETTORIO

St. 2.4) L’AMORE VERSO DIO. Maria è modello per tutti i consacrati nell’accogliere con fede la Parola  consegnandosi  alla  potenza  dello  Spirito  Santo,  e  nel  rispondere  a  Dio  con  la  preghiera, continuata durante tutta la giornata.

Dir. 2.4.1 § 3) Ai consacrati è raccomandato di conservare lo spirito di preghiera e di non ridurre il contatto con la Sacra Scrittura ad una ricerca o ad uno studio, anche se questi rimangono un dovere necessario e serio specialmente quando si è chiamati a compiere un servizio verso i fratelli. Non ci si fermi però al “libro”: la Parola scritta deve condurre a Dio e a Gesù Cristo, che è la Parola vivente che si è fatta carne. Lo Spirito Santo che ispira la divina Parola produce frutti di conversione nel buon terreno  (v.  Consigli  per  una  lettura  fruttuosa  della  Divina  Scrittura,  pag.  43  di  “Pregate  pregate pregate”). Si ascolta e si medita la Parola di Dio sia personalmente sia nelle occasioni di ogni incontro nel Nome del Signore.

  • Da GIOVANNI PAOLO I, Riflessioni all’Angelus

DOMENICA, 10 SETTEMBRE 1978

A  Camp  David,  in  America,  i  Presidenti  Carter  e  Sadat  e  il  Primo  Ministro  Begin  stanno lavorando per la pace in Medio Oriente. Di pace hanno fame e sete tutti gli uomini, specialmente i poveri, che nei turbamenti e nelle guerre pagano di più e soffrono di più. Per questo tutti guardano con interesse e grande speranza al convegno di Camp David. Anche il Papa ha pregato, fatto pregare e prega perché il Signore si degni di aiutare gli sforzi di questi uomini politici. Io sono stato molto ben impressionato  dal  fatto  che  i  tre  Presidenti  abbiano  voluto  pubblicamente  esprimere  la  loro speranza  nel  Signore  con  la  preghiera.  I  fratelli  di  religione  del  PRESIDENTE  SADAT  sono  soliti dire così: «C'è una notte nera, una pietra nera e sulla pietra una piccola formica; ma Dio la vede, non la dimentica». Il PRESIDENTE CARTER, che è fervente cristiano, legge nel Vangelo: «Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato. Non un capello cadrà dalla vostra testa senza che lo voglia il Padre vostro che è nei cieli». E il PREMIER  BEGIN  ricorda  che  il  popolo  ebreo  ha  passato  un  tempo momenti  difficili  e  si  è  rivolto  al Signore lamentandosi dicendo: «Ci hai abbandonati, o Signore, ci hai dimenticati!». «No! - ha risposto Dio per  mezzo  di  Isaia   profeta  -  Può  forse  una  mamma dimenticare  il  proprio  bambino?  Ma  anche  se succedesse, mai Dio dimenticherà il suo popolo».

Anche noi che siamo qui, abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore. Con  questi sentimenti  io  vi  invito a pregare insieme al Papa per  ciascuno  di  noi,  per  il  Medio Oriente, per l’Iran, per tutto il mondo.

 

  • Da SR. AGNESE della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Lezioni sulla Piccola Regola

L’INVOCAZIONE DELLO SPIRITO SANTO

La Piccola Regola non si apre con dei concetti, con dei consigli, con delle norme, ma con delle persone; l’ingresso nella Comunità e l’assunzione della Piccola Regola è connesso con dei rapporti personali, veniamo in contatto con persone che ci garantiscono la possibilità di questa vita: Padre, Figlio, Spirito Santo sono persone; la Madonna è persona; gli angeli e i santi sono persone. E prima ancora  di  qualsiasi  discorso  su  quello  che  è  la  nostra  vita,  su  quello  che  è  il  suo  contenuto, innanzitutto  noi  ci  mettiamo  in  contatto  con  persone  che  sono  già  nella  gloria  e  che  hanno una personalità  ancora  più  profonda  di  quella  che  possiamo  avere  noi  su  questa  terra  e  che ci garantiscono la loro amicizia, il loro aiuto, il loro conforto e il loro sostegno. Più volte è stato detto che sostanzialmente  la  Comunità  è  prima  nei  cieli  che  sulla  terra,  e  noi,  entrando  in  comunità, dobbiamo  abituarci  sempre  di  più  ad  avere  rapporto  con  queste  persone,  a  stabilire  rapporti personali con costoro, invisibili ai nostri occhi, ma molto presenti e molto reali nella nostra vita.

L’abitudine, che deve diventare sempre più profonda, di stare in dialogo con queste persone e di  sentirle   presenti   nella   nostra   vita   è   un   primo  sfondamento  della  barriera  della   nostra quotidianità  più  banale,  perché  non  ci  viene  spontaneo  di  sentirle  presenti  in  modo  attivo  e immediato nella nostra vita, dato che non le vediamo e non abbiamo di esse un’esperienza diretta. La Madonna e gli angeli più o meno ce li possiamo immaginare, mentre è più difficile, per non dire impossibile,  sentire  presente  lo  Spirito  Santo.  Dobbiamo  cercare  di  ravvivare  in  noi  l’attenzione a queste persone invisibili, ma pienamente efficaci:  l’abituarci a questa certezza di rapporto è molto importante, perché ci sottrae al flusso empirico della nostra vita.

Don Giuseppe, nei discorsi del ’76, diceva: Non c’è bisogno di parlare tanto dello Spirito Santo, bisogno invocarlo, invocarlo, invocarlo, è importante invocarlo molto, non sappiamo cos’è: “Persona incomprensibile” dice SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO. Non sappiamo nulla che ce lo possa fare concepire come persona, però sappiamo che si chiama così, perché è rivelato nella Scrittura, e sappiamo che possiamo invocarlo.

Quando  invochiamo  lo  Spirito,  lui  si  rende  presente  anche  se  noi  non  sappiamo  chi  è.  Forse sappiamo chi è il Verbo? O sappiamo ci è il Padre? Li immaginiamo, ma non lo sappiamo perché è un mistero  inscrutabile.  Il  Signore  ci  ha  dato  questo  nome  da  invocare  e  ce  lo  ha  dato  con  la massima assicurazione che lo Spirito Santo ci viene sempre in aiuto, anche se non sappiamo chi è, perché Lui sa chi siamo noi e sa tutto quello che c’è nel nostro cuore. Quando lo invochiamo, Lui viene, ci  aiuta  e  ci  soccorre,  anzi,  come  dice  san  Paolo,  prega  Lui  stesso  per  noi  e  chiede  per  noi tutto  ciò  che  è  buono.  Lo  Spirito  è  il  nostro  “Consolatore”,  il  nostro  “Avvocato”,  e  il  nostro “Testimone” presso Dio. Lo possiamo invocare con fiducia, perché il suo nome ci è stato rivelato da Gesù e invocandolo siamo sicuri di essere esauditi.

  • Da L’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO, relazione del 15 gennaio 2022 di Claudio e Patrizia, II parte

LA PAROLA DI DIO, VERBUM DOMINI

Lampada ai  miei passi è  la tua Parola, Signore, luce sul mio cammino” (Salmo  118)

Verbum Domini. San Paolo nella 1^ lettera ai Tessalonicesi, sottolinea l’importanza della corretta accoglienza  della  Parola:  “Proprio  per  questo  noi  ringraziamo  Dio  continuamente,  perché, avendo ricevuto  da  noi  la  parola  divina  della  predicazione,  l’avete  accolta,  non  quale  parola  di uomini,  ma come è veramente Parola di Dio che opera in voi che credete” (2,13).

Ricordo  che  molte  volte  leggendo  soprattutto  i  libri dell’Antico Testamento ci  siamo  chiesti quanto veniva veramente da Dio e quanto, invece fosse frutto dell’influenza, della personalità e della spiritualità  dei  vari  autori.  Per  questo  c’è  voluto  un  lavoro  un  po’  lungo  nel  tempo  per  riuscire  a formarci un po’ di mentalità biblica, per renderci conto dei temi, dello svolgersi della storia sacra, del  rapporto  tra  un  libro  e  l’altro,  tra  un  insegnamento  rivelato  e  l’altro.  Abbiamo  capito che bisognava  farci  aiutare  dallo  studio  profondo  e  fedele  della  Chiesa  nella  sua  Tradizione,  che  era bene non profanare la Parola di Dio con le nostre interpretazioni. La Comunità ci ha sempre aiutato e ci aiuta molto  in  questo lavoro  di  approfondimento e interiorizzazione.  Lo scopo non  è quello  di diventare  degli  intellettuali,  ma  di  mantenerci  in  ascolto  di  un  Magistero dello Spirito dal  quale dipendiamo. Non siamo noi a suggerire allo Spirito quello che deve dirci e come deve parlarci. Da parte nostra ci deve sempre essere il ringraziamento e l’umiltà. Nel gruppo settimanale terminiamo con  le  preghiere  personali  e  sempre  riconosciamo  che  non  siamo  degni  dell’elezione a  figli,  che  è stato il Signore il primo a chiamarci, che attraverso il battesimo ci ha donato grazia su grazia; così ringraziamo perché la sua Parola è il nostro pane quotidiano e la nostra vita.

Veramente  tu sei un Dio misterioso, Dio d’Israele” (Is  45,5). Questo versetto mi ha sempre fatto pensare molto. Per quanto Dio rimanga sempre un mistero è bellissimo scoprire che Lui, il creatore, ha voluto piegarsi fino alla nostra povertà umana e assumere il nostro linguaggio per trasmetterci il suo intimo pensiero, la sua divina sapienza, il suo amore.

Il  Verbo  di Dio si è fatto  carne e venne  ad  abitare  in mezzo  a noi” (Gv  1,1).

Dio nessuno lha mai visto, proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato” (Gv  1,18).

Abbiamo scoperto che Dio è Padre, che è relazione e vuole relazionarsi. La Parola di Dio per noi è prima di  tutto  Gesù.  Nel  nostro  rapporto  con  Lui  e  in  Lui  impariamo  a  leggere  la  Scrittura  non con gli occhi, ma con il cuore. Non solo, ma se tutto è stato fatto per Lui e in vista di Lui, in ogni pagina  troviamo   Gesù.   Gesù   afferma:   “Il   cielo   e   la   terra   passeranno   ma   le   mie   parole   non passeranno”.  Ascoltare  Lui,  guardare a Lui,  ci aiuta a maturare come persone,  illuminati  dal suo esempio capiamo cosa significa vivere da figli di Dio, docili all’azione dello Spirito Santo. Alla luce della sua  persona  e  del  suo  sacrificio  sulla  croce,  anche  la  nostra  storia  personale  acquista  un significato salvifico per noi e per l’umanità. L’uomo ha fame e sete di giustizia e anela con desiderio alla bellezza;  in  Gesù  troviamo  tutto  questo  e  impariamo  da  Lui  a  pensare  e  ad  agire  da  fratelli universali.

  • Da PADRE RANIERO CANTALAMESSA, Prima predica di Quaresima 11 marzo 2022, I parte

L’EUCARISTIA, CENTRO DELLA LITURGIA

Tra i tanti mali che la pandemia del Covid ha causato all’umanità, c’è stato almeno un effetto positivo dal punto di vista della fede. Essa ci ha fatto prendere coscienza del bisogno che abbiamo dell’Eucaristia e del vuoto che crea la sua mancanza. Durante il periodo più acuto della pandemia nel 2020  sono  stato  fortemente  impressionato  –  e  con  me  milioni  di  altri  cattolici  –  da  quello che significava  ogni  mattina  assistere  in  televisione  alla  Santa  Messa  celebrata  da  papa Francesco  a Santa Marta.

Alcune  chiese  locali  e  nazionali  hanno  deciso  di  dedicare  il  corrente  anno  a  una  speciale catechesi  sull’Eucaristia,  in  vista  di  un  desiderato  revival  eucaristico  nella  Chiesa  cattolica.  Mi sembra  una  decisione  opportuna  e  un  esempio  da  seguire,  magari  toccando  qualche  aspetto non sempre  preso  in  considerazione.  Ho  pensato  perciò  di  portare  un  piccolo  contributo  al progetto, dedicando le riflessioni di questa Quaresima a una rivisitazione del mistero eucaristico.

L’Eucaristia è al centro di ogni tempo liturgico, della Quaresima non meno che degli altri tempi. È   ciò  che   celebriamo   ogni   giorno,   la   Pasqua   quotidiana.   Ogni   piccolo   progresso   nella   sua comprensione  si  traduce  in  un  progresso  nella  vita  spirituale  della  persona  e  della comunità ecclesiale.  Essa  però  è  anche,  purtroppo,  la  cosa  più  esposta,  per  la  sua  ripetitività,  a  scadere  a routine,  a  cosa  scontata.  SAN  GIOVANNI  PAOLO  II,  nella  lettera  enciclica  “Ecclesia de  Eucharistia”, dell’aprile   2003,   dice   che   i   cristiani   devono   riscoprire   e  mantenere   sempre   vivo   “lo  stupore eucaristico”.  Ecco,  a  questo  scopo  vorrebbero  servire  le nostre  riflessioni:  a  ritrovare  lo  stupore eucaristico.

Parlare  dell’Eucaristia  in  tempo  di  pandemia  e  ora,  in  aggiunta,  con  gli  orrori  della  guerra davanti  agli  occhi,  non  è  un  astrarci  dalla  realtà  in  cui  viviamo,  ma  un  invito  a  guardarla  da un punto di vista superiore e meno contingente. L’Eucaristia è la presenza nella storia dell’evento che ha  rovesciato  per  sempre  i  ruoli  tra  vincitori  e  vittime.  Sulla  croce  Cristo  ha  fatto  della vittima il vero vincitore: “Victor quia victima”, lo definisce SANT’AGOSTINO: vincitore perché vittima. L’Eucaristia ci   offre   la   vera   chiave   di   lettura   della   storia.   Ci   assicura   che   Gesù   è   con  noi,   non   solo intenzionalmente,  ma  realmente  in  questo  nostro  mondo  che  sembra  sfuggirci dalle  mani  da  un momento all’altro. Ci ripete: “Abbiate coraggio:  Io  ho vinto il mondo!” (Gv  16,33).