4° incontro

  • Da STATUTO e DIRETTORIO

St. 2.4.2) La preghiera liturgica della Chiesa, con al centro l'Eucaristia, è accolta come fonte e culmine della preghiera e della vita di ogni consacrato: la S. Messa, preparata e prolungata dalla Liturgia delle ore, inserisce la vita concreta di ognuno nel mistero di Cristo e realizza, che si sia o no convocati insieme,  l'essere  un  cuore  solo  e  un'anima  sola  nella  Comunità.  Ogni  giorno,  il  Sacerdote  della Comunità, nella Celebrazione eucaristica, offre la giornata e la consacrazione di tutti i  membri al Signore.

Dir. 1.1 § 6) La fede e il nutrimento della fede vengono dall’ascolto di Dio che ha voluto rivolgere la sua Parola agli uomini ed entrare in dialogo con loro. Le modalità dell’ascolto della Parola di Dio sono definite con questi aggettivi: assiduo = costante, dedicando tempo, faticando, sapendo aspettare; globale = di tutta la Parola di Dio che abbiamo a disposizione, con un ordine e delle priorità; personale =  nella  solitudine  con  Dio  davanti  al  quale  non  ci  possiamo  nascondere  e  siamo  insostituibili; condiviso = ascoltando insieme con altri, nella proclamazione della Sacra Liturgia e nella riflessione partecipata con qualche fratello, ad ogni modo sapendo che possiamo ricevere la Parola di Dio solo nella Chiesa.

  • Da GIOVANNI PAOLO I, Riflessioni all’Angelus

DOMENICA, 17 SETTEMBRE 1978

Martedì prossimo, quasi 12 milioni di ragazzi tornano a scuola. Il Papa spera di non rubare il mestiere al ministro Pedini con ingerenze indebite se porge i più cordiali auguri sia agli insegnanti che agli scolari.

Gli  insegnanti  italiani  hanno  alle  loro  spalle  dei  casi  classici  di  esemplare  attaccamento  e dedizione alla scuola. Giosuè Carducci era professore universitario a Bologna. Andò a Firenze per certe celebrazioni.  Una  sera  si  congedò  dal  ministro  della  pubblica  istruzione.  «Ma  no,  disse  il ministro, resti anche domani». «Eccellenza, non posso. Domani ho lezione all'università e i ragazzi mi aspettano». «La dispenso io». «Lei può dispensarmi, ma io non mi dispenso». Il professor Carducci aveva veramente un alto senso sia della scuola, sia degli alunni. Era della razza di coloro che dicono:

«Per insegnare il latino a John non basta conoscere il latino, ma bisogna anche conoscere e amare John». E ancora: «Tanto vale la lezione quanto la preparazione».

Agli alunni  delle elementari vorrei ricordare il loro amico Pinocchio: non  quello che un giorno marinò la scuola per andare a vedere i burattini; ma quell’altro, il Pinocchio che prese il gusto alla scuola,  tanto che  durante  l’intero  anno  scolastico,  ogni  giorno,  in  classe,  fu  il  primo  ad  entrare  e l’ultimo ad uscire.

I miei auguri più affettuosi, però, vanno agli alunni delle scuole medie, specialmente superiori. Questi non hanno soltanto gli immediati problemi di scuola, ma c’è in distanza il loro dopo scuola. Sia  in Italia, sia  nelle  altre  nazioni  del  mondo,  oggi:  portoni  spalancati  per  chi  vuole  entrare  alle scuole medie e alle università; ma quando hanno il diploma o la laurea ed escono dalla scuola,  ci sono soltanto piccoli, piccoli usciolini, e non trovano lavoro, e non possono sposarsi. Sono problemi che la società di oggi deve veramente studiare e cercare di risolvere.

Anche il Papa è stato alunno di queste scuole: ginnasio, liceo, università. Ma io pensavo soltanto alla  gioventù  e  alla  parrocchia.  Nessuno  è  venuto  a  dirmi:  «Tu  diventerai  Papa».  Oh!  se  me  lo avessero  detto!  Se  me  lo  avessero  detto,  avrei  studiato  di  più,  mi  sarei  preparato.  Adesso invece sono vecchio, non c’è tempo.

Ma voi, cari giovani, che studiate, voi siete veramente giovani, voi ce l’avete il tempo, avete la gioventù, la salute, la memoria, l’ingegno: cercate di sfruttare tutte queste cose. Dalle vostre scuole sta per uscire la classe dirigente di domani. Parecchi di voi diventeranno ministri, deputati, senatori, sindaci, assessori o anche ingegneri, primari, occuperete dei posti nella società. E oggi chi occupa un posto deve avere la competenza necessaria, bisogna prepararsi.

Il generale Wellington, quello che ha vinto Napoleone, ha voluto tornare in Inghilterra a vedere il collegio  militare  dove  aveva  studiato,  dove  si  era  preparato,  e  agli  allievi  ufficiali  ha  detto:

«Guardate,  qui  è  stata  vinta  la  battaglia  di  Waterloo».  E  così  dico  a  voi,  cari  giovani:  avrete delle battaglie  nella  vita  a  30,  40,  50  anni,  ma  se  volete  vincerle,  adesso  bisogna  cominciare, adesso prepararsi, adesso essere assidui allo studio e alla scuola.

Preghiamo il Signore che aiuti i professori, studenti e anche le famiglie che guardano la scuola con lo stesso affetto e con la stessa preoccupazione del Papa.

 

  • Da PADRE RANIERO CANTALAMESSA, Prima predica di Quaresima 11 marzo 2022, II parte

L’EUCARISTIA NELLA STORIA DELLA SALVEZZA

Partiamo da una domanda: che posto occupa l’Eucaristia nella storia della salvezza? La risposta è: non occupa un posto, ma la occupa tutta! L’Eucaristia è co-estensiva alla storia della salvezza. Essa,  però, è presente in  tre modi diversi,  nei  tre diversi tempi,  o fasi,  della salvezza:  è presente nell’Antico Testamento  come  figura;  è  presente  nel  Nuovo  Testamento  come  evento  ed  è  presente nel tempo  della  Chiesa  come  sacramento.  La  figura  anticipa  e  prepara  l’evento,  il  sacramento “prolunga” e attualizza l’evento.

Nell’Antico Testamento, dicevo, l’Eucaristia è presente “in figura”. Una di queste figure era la manna, un’altra il  sacrificio  di  Melchisedek,  un’altra ancora il  sacrificio  di  Isacco.  Nella  sequenza Lauda Sion Salvatorem, composta da SAN TOMMASO D’AQUINO per la festa del Corpus Domini, si canta: “Adombrato  nelle  figure:  immolato  in  Isacco,  indicato  nell’agnello  pasquale,  dato  ai  padri  come manna” (Summa  Th.,  III,  q.60,  a.  2,2).  In  quanto  figure  dell’Eucaristia,  san  Tommaso  chiama questi  riti  “i sacramenti dell’antica Legge”.

Con la venuta di Cristo e il suo mistero di morte e risurrezione, l’Eucaristia non è più presente come  figura,   ma   come  evento,   come   realtà.   Lo   chiamiamo   “evento”   perché   è   qualcosa   di storicamente accaduto, un fatto unico nel tempo e nello spazio, avvenuto  una volta sola (semel) e irripetibile:  Cristo  “una   volta   sola,   alla   pienezza   dei   tempi,   è   apparso   per   annullare   il  peccato mediante il sacrificio di se stesso” (Eb  9,26).

Infine, nel tempo della Chiesa, l’Eucaristia, dicevo, è presente come sacramento, cioè nel segno del pane  e  del  vino,  istituito  da  Cristo.  È  importante  che  comprendiamo  bene  la  differenza  tra l’evento  e  il  sacramento:  in  pratica,  la  differenza  tra  la  storia  e  la  liturgia.  Ci  facciamo  aiutare da SANT’AGOSTINO.

“Noi  –  dice  il  santo  dottore  –  sappiamo e crediamo con fede certissima che Cristo è morto una sola volta per noi, lui giusto per i peccatori, lui Signore per i servi. Sappiamo perfettamente che ciò è avvenuto una sola volta; e, tuttavia, il sacramento periodicamente lo rinnova, come se si ripetesse più volte quello che la  storia  proclama  essere  avvenuto una  sola  volta.  Eppure  evento  e  sacramento  non  sono  tra  loro  in contrasto, quasi che il sacramento sia fallace e solo l’evento sia vero. Infatti, di ciò che la storia afferma essere accaduto, nella realtà, una sola volta, di questo il sacramento rinnova (renovat) spesso la celebrazione nel cuore dei fedeli. La storia svela ciò che è accaduto una volta e come è accaduto, la liturgia fa sì che il passato non sia dimenticato; non nel senso che lo fa accadere di nuovo (non faciendo), ma nel senso che lo celebra (sed celebrando)” (Sermo  112, PL 38, 643).

Precisare il nesso che esiste tra il sacrificio unico della croce e la Messa è una cosa assai delicata ed è stato sempre uno dei punti di maggior dissenso tra cattolici e protestanti. Agostino usa, come abbiamo visto, due verbi: rinnovare e celebrare, che sono giustissimi, a patto però di essere intesi l’uno alla luce dell’altro: la Messa rinnova l’evento della croce  celebrandolo (non reiterandolo!) e lo celebra rinnovandolo (non soltanto ricordandolo!). La parola, nella quale si realizza oggi il maggior consenso ecumenico, è forse il verbo (usato anche da PAOLO VI, nell’enciclica “Mysterium fidei”, (AAS 57, 1965, p. 753ss.) rappresentare, inteso nel senso forte di ri-presentare, cioè rendere nuovamente presente. In questo senso, diciamo che l’Eucaristia “rappresenta” la croce.

Secondo la storia, c’è stata, dunque, una sola Eucaristia, quella realizzata da Gesù con la sua vita e la sua morte; secondo la liturgia, invece, cioè grazie al sacramento, ci sono tante Eucaristie quante se ne sono celebrate e se ne celebreranno fino alla fine del mondo. L’evento si è realizzato una sola volta (semel), il sacramento si realizza “ogni volta” (quotiescumque). Grazie al sacramento dell’Eucaristia noi diventiamo, misteriosamente, contemporanei dell’evento; l’evento si fa presente a noi e noi all’evento.

Le nostre riflessioni quaresimali avranno per oggetto l’Eucaristia nel suo stadio presente, cioè come sacramento.  Nella  Chiesa antica esisteva una  catechesi speciale,  detta mistagogica,  che era riservata al vescovo e veniva impartita dopo, non prima, del battesimo. Il suo scopo era di rivelare ai neofiti  il  significato  dei  riti  celebrati  e  le  profondità  dei  misteri  della  fede:  battesimo,  cresima o unzione,  e  in  particolare  l’Eucaristia.  Quello  che  ci  proponiamo  di  fare  è  proprio  una  piccola catechesi    mistagogica    sull’Eucaristia.    Per    rimanere    il    più   possibile    ancorati    alla  natura sacramentale e rituale di essa, seguiremo da vicino lo svolgimento della  Messa nelle sue tre parti

  • liturgia della parola, liturgia eucaristica, e comunione -, aggiungendo alla fine una riflessione sul culto eucaristico fuori della Messa.

 

  • Da L’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO, relazione del 15 gennaio 2022 di Claudio e Patrizia, III parte

LA PAROLA DI DIO, VERBUM DOMINI

Lampada ai  miei passi è  la tua Parola, Signore, luce sul mio  cammino” (Salmo  118)

Il periodo storico che viviamo non è semplice, ma neanche più complesso di quello in cui Gesù ha vissuto;  oggi  come  allora  ci  sono  ingiustizie,  guerre,  grandi  esodi,  tante  stragi  di  innocenti, epidemie  e  pandemie.  La  difficoltà  del  nostro  tempo  è  data  dal  modo  di  vivere  occidentale, dove l’uomo  e  la  scienza  hanno  preso  il  posto  di  Dio  e  dove  c’è  difficoltà  a  distinguere  la  via del  bene, perché  tante  false  luci  attraenti  accecano  le  coscienze.  Davanti  a  tante  notizie sconvolgenti  e pessimistiche,  noi  consacrati  dobbiamo  ringraziare  la  Comunità  perché  ci  chiede, come  primo impegno, l’ascolto quotidiano, assiduo, globale e personale in lettura continua di tutta la Parola di Dio, Parola di Vita e di Verità. Essa è l’unica Via al bene.

Per questo, nelle nostre case, c’è un luogo in cui teniamo la Parola di Dio e la Liturgia delle ore, insieme ad un'icona, per sottolineare la centralità del rapporto col Signore, nella nostra vita e nella vita delle nostre famiglie. In  quel luogo,  dopo aver  invocato lo Spirito Santo,  in  una  lettura calma del  testo di lectio,  ogni  giorno  ci  chiediamo:  “Signore  cosa  mi  dici  oggi?  Quale  Parola  hai  per  me? Cosa vuoi  cambiare  nella  mia  vita  con  questo  messaggio?  Cosa  devo  fare  per  mettere  in  pratica, oggi,  questa  tua  Parola?”.  È  bene  farsi  queste  domande  perché,  come  dice  san  Giacomo, sarebbe terribile fossimo solo ascoltatori smemorati e non di quelli che mettono in pratica la Parola. Meditare in  silenzio,  la  Comunità  suggerisce  almeno  15  minuti,  rimanere  nella  Parola,  accogliere le  sue ispirazioni,  ci  permette  di  leggere  la  nostra  storia  entro  la  storia  della  salvezza.  È  un esercizio prezioso  che  ci  fa  maturare  come  persone  e  cristiani,  perché  ci  permette  di conoscerci per  quello che siamo, con i nostri pregi e limiti e, nel clima di preghiera, accogliere in un colloquio concreto e profondo  la  volontà  di  Dio  sulla  nostra  vita.  La  Parola  irrora  il  cuore  e  cambia  la vita.  La  lettura- meditazione ci illumina sulla conoscenza di Dio e, ad un certo punto, avvertiamo la preziosità ed il fascino di quel rapporto che diventa sponsale. Così la lectio  non è un momento staccato dal nostro quotidiano, ma il motore che anima la giornata e al quale possiamo tornare in ogni momento. Del resto dove potremmo trovare la forza per fare il nostro dovere quotidiano se non nello Spirito Santo che anima la Parola di Dio?

È tempo di nuova evangelizzazione, si parla di sinodalità nella Chiesa. Papa Francesco ci ricorda che siamo strumenti della Parola e ci richiama a un cristianesimo incarnato che parla soprattutto di carità ed accoglienza. Don Giampaolo non smette di esortarci ad essere servitori della Parola che è mezzo di salvezza e di speranza per tanti che sono lontani.   Abbiamo pensato che, forse, in tutti questi anni, noi famiglie, abbiamo anche deluso don Giampaolo, perché i nostri gruppi di Comunità non  si  sono allargati,  in  compenso  noi  siamo  diventati  più  anziani  e  ci  siamo  resi  conto  che  non siamo fatti per evangelizzare grandi folle. Abbiamo visto nei nostri fratelli e sorelle quanto è difficile accogliere la volontà di Dio nella propria vita, perché spesso non corrisponde ai nostri sogni. Molti consacrati sognavano di diventare missionari della Parola in giro per il mondo intero, invece, davanti alle esigenze della famiglia, alla malattia dei propri cari e anche davanti alla propria malattia, hanno dovuto accettare il calice del sacrificio dicendo il proprio “Amen”. Per noi quei fratelli sono stati un esempio, testimoni autentici di fede e di amore perché erano certi che il loro sacrificio, unito a quello di Gesù, sarebbe servito al bene di tutti. Essi ora sono in Dio e là sono un anticipo della Comunità anche per noi.

Come Figli di Maria di Nazareth, probabilmente il luogo della testimonianza, per noi famiglie, è proprio la nostra Nazareth e nel nostro stare insieme troviamo le ragioni della nostra speranza. Così andiamo avanti,  perseverando,  pellegrini  su  questa  terra  cercando  di  aiutarci  e  fare  unità  fra  noi anche se lontani. Sapendo che la Comunità è anche libertà e che in essa c’è posto per ogni vocazione. Il cammino concorde e unanime dentro la Parola di Dio, a prescindere dall’azione pastorale, dopo tanti anni ci ha fatto capire che dobbiamo essere tutti servitori di una Parola di Riconciliazione tra persone. Oggi c’è tanto bisogno di questo servizio per realizzare un mondo più umano.