6° Incontro

  1. Letture per gli incontri

 

  • Da STATUTO e DIRETTORIO

Dir. 2.4.3 § 4) Si cerchi di riscattare ogni occasione opportuna per la preghiera, al di fuori dei momenti fissi, che pure sono necessari: una occupazione solo manuale consente di continuare il dialogo con il Signore con la ripetizione di versetti di salmi, giaculatorie, ecc.; nel camminare e nel viaggiare ci si tiene raccolti con preghiere vocali come il S. Rosario; tempi vuoti di attesa consentono la lettura e la supplica. In tal modo si santifica ogni gesto e ogni momento delle proprie occupazioni, si porta nel cuore ciascuno e tutti con i loro pesi e ci si apre a tutti nella carità alla presenza di Dio, sia che si viva in una casa di preghiera, o nel mondo e nella propria famiglia.

St. 2.4.3. § 2) Si tratta di imparare a vivere la presenza reale di Dio sempre, anche quando si compiono i gesti più umili della vita quotidiana. Per ubbidire al comando di Gesù  di  pregare sempre senza stancarsi si suggerisce ai consacrati, come segno di affidamento a Lui, l'invocazione del  Nome di Gesù e di brevi suppliche evangeliche nel desiderio di custodire un'attenzione intima al Signore.

 

  • Da LA PREGHIERA, relazione del 22 gennaio 2022 preparata da s Anna, I parte

Testi estratti dal libretto di Adinolfi-Gaeta, “Preghiera di donne”

Nella Presentazione del libro si legge:

“Voci di donne hanno scandito il corso del Novecento e fino ai giorni nostri con l’autorevolezza di chi ha guardato a fondo in se stesso. Voci altresì consapevoli della crisi irreversibile della modernità e dell’urgenza di indagare le vie necessarie a una profonda rigenerazione delle espressioni del pensiero e della vita sociale. Di  qui  la  tonalità  spirituale  che  le  accomuna  e  che  nella  preghiera  trova,  in  senso  contrario  al  sentire dell’epoca, l’approdo in cui conciliare caducità e infinità, perdita e pienezza. Al centro della scena il lettore troverà figure che più lucidamente si sono confrontate col cuore di tenebra del Novecento, misurate sulla loro aspirazione a una comprensione esistenziale del mistero di Dio”.

Sono state scelte  alcune  di  queste voci forti, in  cui  ci  ritroviamo.  Sono soprattutto di  donne  - scrittrici – ebree, diventate cristiane o che hanno avuto contatti con la fede cristiana. Si potrebbero raccogliere queste esperienze di preghiera nella verità delle parole del Prologo (Gv  1,12) sentite nei giorni  di  Natale:  “A  quanti  lo  hanno  accolto  ha  dato  potere  di  diventare  figli  di  Dio,  a  coloro  che credono  nel  suo Nome”.

Il potere è certamente quello della preghiera, che ci è dato. La preghiera è il potere grande che abbiamo, nella nostra impotenza, nei confronti del Signore, sempre ascoltata, sempre esaudita, in qualunque forma possiamo esprimerla, con tante o poche parole, con le labbra o con il cuore o con soli  gesti,  a  memoria  o  create  nel  momento,  con  formule  o  spontanea  o  con  parole  rivelate, personalmente o comunitariamente…, sempre ascoltata e sempre esaudita, perché rivolta al Signore che è fedele. E l’esaudimento della preghiera è sempre la grazia fatta a noi che preghiamo (“Il Signore fa tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre, non abbandonare l’opera delle tue mani”, salmo 137).

BRANI DAL LIBRO

La preghiera trasforma prima di tutto chi la pratica, è un’azione capace di trasferire dalla terra al cielo una parte dell’amore che risiede nel cuore di un uomo e di far respirare in lui la parola di vita che ha ricevuto. Simone Weil racconta di un giovane monaco buddista che preoccupato per la salvezza eterna di suo padre, un vecchio avaro, ne parlò con il proprio maestro, il quale fece venire l’anziano  e  gli  promise  un  soldo  ogni  volta  che  avesse  recitato  il  nome  del  Signore.  Il  vecchio, entusiasta, consacrò a quella pratica ogni momento libero e ogni sera andava al monastero per farsi pagare. Ma un bel giorno non lo si vide più, finché dopo un po’ di tempo non tornò dal maestro con lo sguardo raggiante e disse di aver avuto un’illuminazione.

La preghiera è dunque una via di avvicinamento a Dio che opera una radicale trasformazione di sé e della realtà, perché, se preghiamo veramente facciamo diventare le cose che diciamo verità per noi e in noi. Trasformando l’orante, la preghiera rende poi migliore il mondo, perché a chi prega con purezza di cuore, in verità, rivolgendo la propria attenzione con amore verso Dio, certe azioni e certi comportamenti divengono impossibili, perché a ogni autentico contatto con l’Eterno si produce nell’anima un reale mutamento.

Solitudine,  silenzio,  attenzione  a  Dio  e  agli  uomini  sono  l’humus  che  nutre  la  preghiera  o  la meditazione di tutte queste donne.

Etty Hillesum,  giovane  scrittrice  olandese,  …  nel  marzo  1941  comprende  d’un  tratto  “come una persona, il volto nascosto dietro le mani giunte, possa crollare violentemente sulle ginocchia e avere pace…”. Lei non ha tradizione alle spalle. Ma quando si inginocchia, questo gesto tutto cristiano non la fa sentire in conflitto rispetto al suo essere ebrea, cioè ad un’identità che mai  intende rimettere in discussione: “È un gesto che a noi ebrei non è stato tramandato di generazione in generazione. Ho dovuto impararlo a fatica” …

… Vede e ammira nel campo gli ebrei convertiti, strappati ai monasteri e alle chiese dall’ira di Hitler  per  la condanna  delle deportazioni  fatta dagli  altari  dai vescovi  olandesi.  Noi  sappiamo  che fra loro c’era anche Edith Stein. La colpisce in particolare un giovane monaco che si ritrovava fuori dal convento per la prima volta dopo quindici anni e che osservava tranquillo “il mondo”. E qualcuno le racconta di aver visto “alcuni monaci camminare in fila tra due baracche scure nel crepuscolo, mentre dicevano il rosario con la stessa imperturbabilità con cui avrebbero recitato le preghiere nei corridoi del loro convento”. E aggiunge: “Non è forse vero che si può pregare dappertutto, in una baracca di legno come in un  convento  di  pietra,  come  pure  in  ogni  luogo  di  questa  terra  su  cui  Dio,  in  tempi agitati, decide  di scaraventare le creature fatte a sua immagine e somiglianza?”.

Il  Dio  che  Etty  trova  nel  suo  percorso  è  un  Dio  che  non  è  né  cristiano  né  ebreo.  La  fede appartiene a tutti. Ma quando lo scopre, Etty fa un’altra scoperta ancora più grande: che a quel Dio non si deve chiedere aiuto, ma che sono gli uomini che devono aiutarlo. In un geniale rovesciamento, Etty spiega come a Dio non bisogna chiedere, bisogna dare. Che è l’uomo a dover salvare Dio. Dio è impotente,  nulla  può  contro  il  male  che  dilaga,  solo  riportandolo  nel  cuore  dell’umanità  si  può aiutarlo a capire quel male. …

Prima del treno per Auschwitz aveva scritto: “Quando la burrasca sarà troppo forte e non saprò più come uscirne, mi rimarranno sempre due mani giunte e un ginocchio piegato”.

In  Edith Stein  negli  ultimi  anni  di  vita  fu  fortissima  l’esigenza  di  sostituirsi,  dall’interno  del Carmelo,  alla  sofferenza  del  suo  popolo  e  delle  vittime  della  guerra:  “Unita al Signore, sei come lui presente  a  tutti.  Se  non  puoi  essere  presente  qui  o  là  per  dare  aiuto,  come  il  medico, l’infermiera  o  il sacerdote, puoi, in compenso, attraverso la presenza della Croce, trovarti su tutti i fronti e in tutti i luoghi in cui si soffre: il tuo amore misericordioso ti porta ovunque, quell’amore che ha la fonte nel Cuore divino. Ovunque il Crocifisso sparge il suo sangue prezioso, portando sollievo, guarigione e redenzione. I suoi occhi ti guardano, ti interrogano, ti mettono alla prova: Vuoi, di nuovo, ma seriamente, stringere un’alleanza con il Crocifisso? ... Che cosa gli risponderai? …”.

  • Da SR. AGNESE della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Lezioni sulla Piccola Regola

LO SPIRITO E IL NOSTRO RAPPORTO CON CRISTO

Nella  nostra  vita  spirituale  tutto  dipende  dallo  Spirito,  tutto  dipende  dal  nostro  rapporto  con Lui;  anche  il  nostro  rapporto  con  Cristo  dipende  dallo  Spirito  Santo,  dice  il  Vangelo  di  Giovanni: “Quando  verrà  il  Paraclito  che  io  vi  manderò  da  presso  il  Padre,  lo  Spirito  di  Verità che  procede  dal Padre,  egli  renderà  testimonianza  di  me”  (15,26).  Noi  possiamo  conoscere  il Cristo,  avere  certezza della  sua  natura  divina  e  della  sua  realtà  solo  nello  Spirito,  e,  se  non  è Lui  ad  aprirci  il  cuore  a questa conoscenza, anche Cristo non è niente per noi.

Dice SAN FRANCESCO  che molti hanno conosciuto il Cristo nella sua vita mortale, ma per tanti è stato un uomo come gli altri, perché lo Spirito Santo non aveva aperto il loro cuore a comprendere il mistero di quell’Uomo: vederlo soltanto non bastava. Anche a noi non basta leggere la sua storia, se  lo  Spirito non  ci  apre  il  cuore  alla  conoscenza  di  Gesù.  Don  Giuseppe  dice  d’invocare  molto  lo Spirito come “Spirito di verità” perché ci riveli la verità di Cristo in modo da conoscerlo nella verità e nell’amore,  una  verità  che  diventi  amore  di  Cristo,  una  verità  che  collega  immediatamente  al Cristo: solo lo Spirito Santo può darla, non viene assolutamente dal nostro cuore.