- Letture per gli incontri
- Da STATUTO e DIRETTORIO
Dir. 2.4.3 § 4) Si cerchi di riscattare ogni occasione opportuna per la preghiera, al di fuori dei momenti fissi, che pure sono necessari: una occupazione solo manuale consente di continuare il dialogo con il Signore con la ripetizione di versetti di salmi, giaculatorie, ecc.; nel camminare e nel viaggiare ci si tiene raccolti con preghiere vocali come il S. Rosario; tempi vuoti di attesa consentono la lettura e la supplica. In tal modo si santifica ogni gesto e ogni momento delle proprie occupazioni, si porta nel cuore ciascuno e tutti con i loro pesi e ci si apre a tutti nella carità alla presenza di Dio, sia che si viva in una casa di preghiera, o nel mondo e nella propria famiglia.
St. 2.4.3. § 2) Si tratta di imparare a vivere la presenza reale di Dio sempre, anche quando si compiono i gesti più umili della vita quotidiana. Per ubbidire al comando di Gesù di pregare sempre senza stancarsi si suggerisce ai consacrati, come segno di affidamento a Lui, l'invocazione del Nome di Gesù e di brevi suppliche evangeliche nel desiderio di custodire un'attenzione intima al Signore.
- Da LA PREGHIERA, relazione del 22 gennaio 2022 preparata da s Anna, I parte
Testi estratti dal libretto di Adinolfi-Gaeta, “Preghiera di donne”
Nella Presentazione del libro si legge:
“Voci di donne hanno scandito il corso del Novecento e fino ai giorni nostri con l’autorevolezza di chi ha guardato a fondo in se stesso. Voci altresì consapevoli della crisi irreversibile della modernità e dell’urgenza di indagare le vie necessarie a una profonda rigenerazione delle espressioni del pensiero e della vita sociale. Di qui la tonalità spirituale che le accomuna e che nella preghiera trova, in senso contrario al sentire dell’epoca, l’approdo in cui conciliare caducità e infinità, perdita e pienezza. Al centro della scena il lettore troverà figure che più lucidamente si sono confrontate col cuore di tenebra del Novecento, misurate sulla loro aspirazione a una comprensione esistenziale del mistero di Dio”.
Sono state scelte alcune di queste voci forti, in cui ci ritroviamo. Sono soprattutto di donne - scrittrici – ebree, diventate cristiane o che hanno avuto contatti con la fede cristiana. Si potrebbero raccogliere queste esperienze di preghiera nella verità delle parole del Prologo (Gv 1,12) sentite nei giorni di Natale: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo Nome”.
Il potere è certamente quello della preghiera, che ci è dato. La preghiera è il potere grande che abbiamo, nella nostra impotenza, nei confronti del Signore, sempre ascoltata, sempre esaudita, in qualunque forma possiamo esprimerla, con tante o poche parole, con le labbra o con il cuore o con soli gesti, a memoria o create nel momento, con formule o spontanea o con parole rivelate, personalmente o comunitariamente…, sempre ascoltata e sempre esaudita, perché rivolta al Signore che è fedele. E l’esaudimento della preghiera è sempre la grazia fatta a noi che preghiamo (“Il Signore farà tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre, non abbandonare l’opera delle tue mani”, salmo 137).
BRANI DAL LIBRO
La preghiera trasforma prima di tutto chi la pratica, è un’azione capace di trasferire dalla terra al cielo una parte dell’amore che risiede nel cuore di un uomo e di far respirare in lui la parola di vita che ha ricevuto. Simone Weil racconta di un giovane monaco buddista che preoccupato per la salvezza eterna di suo padre, un vecchio avaro, ne parlò con il proprio maestro, il quale fece venire l’anziano e gli promise un soldo ogni volta che avesse recitato il nome del Signore. Il vecchio, entusiasta, consacrò a quella pratica ogni momento libero e ogni sera andava al monastero per farsi pagare. Ma un bel giorno non lo si vide più, finché dopo un po’ di tempo non tornò dal maestro con lo sguardo raggiante e disse di aver avuto un’illuminazione.
La preghiera è dunque una via di avvicinamento a Dio che opera una radicale trasformazione di sé e della realtà, perché, se preghiamo veramente facciamo diventare le cose che diciamo verità per noi e in noi. Trasformando l’orante, la preghiera rende poi migliore il mondo, perché a chi prega con purezza di cuore, in verità, rivolgendo la propria attenzione con amore verso Dio, certe azioni e certi comportamenti divengono impossibili, perché a ogni autentico contatto con l’Eterno si produce nell’anima un reale mutamento.
Solitudine, silenzio, attenzione a Dio e agli uomini sono l’humus che nutre la preghiera o la meditazione di tutte queste donne.
Etty Hillesum, giovane scrittrice olandese, … nel marzo 1941 comprende d’un tratto “come una persona, il volto nascosto dietro le mani giunte, possa crollare violentemente sulle ginocchia e avere pace…”. Lei non ha tradizione alle spalle. Ma quando si inginocchia, questo gesto tutto cristiano non la fa sentire in conflitto rispetto al suo essere ebrea, cioè ad un’identità che mai intende rimettere in discussione: “È un gesto che a noi ebrei non è stato tramandato di generazione in generazione. Ho dovuto impararlo a fatica” …
… Vede e ammira nel campo gli ebrei convertiti, strappati ai monasteri e alle chiese dall’ira di Hitler per la condanna delle deportazioni fatta dagli altari dai vescovi olandesi. Noi sappiamo che fra loro c’era anche Edith Stein. La colpisce in particolare un giovane monaco che si ritrovava fuori dal convento per la prima volta dopo quindici anni e che osservava tranquillo “il mondo”. E qualcuno le racconta di aver visto “alcuni monaci camminare in fila tra due baracche scure nel crepuscolo, mentre dicevano il rosario con la stessa imperturbabilità con cui avrebbero recitato le preghiere nei corridoi del loro convento”. E aggiunge: “Non è forse vero che si può pregare dappertutto, in una baracca di legno come in un convento di pietra, come pure in ogni luogo di questa terra su cui Dio, in tempi agitati, decide di scaraventare le creature fatte a sua immagine e somiglianza?”.
Il Dio che Etty trova nel suo percorso è un Dio che non è né cristiano né ebreo. La fede appartiene a tutti. Ma quando lo scopre, Etty fa un’altra scoperta ancora più grande: che a quel Dio non si deve chiedere aiuto, ma che sono gli uomini che devono aiutarlo. In un geniale rovesciamento, Etty spiega come a Dio non bisogna chiedere, bisogna dare. Che è l’uomo a dover salvare Dio. Dio è impotente, nulla può contro il male che dilaga, solo riportandolo nel cuore dell’umanità si può aiutarlo a capire quel male. …
Prima del treno per Auschwitz aveva scritto: “Quando la burrasca sarà troppo forte e non saprò più come uscirne, mi rimarranno sempre due mani giunte e un ginocchio piegato”.
In Edith Stein negli ultimi anni di vita fu fortissima l’esigenza di sostituirsi, dall’interno del Carmelo, alla sofferenza del suo popolo e delle vittime della guerra: “Unita al Signore, sei come lui presente a tutti. Se non puoi essere presente qui o là per dare aiuto, come il medico, l’infermiera o il sacerdote, puoi, in compenso, attraverso la presenza della Croce, trovarti su tutti i fronti e in tutti i luoghi in cui si soffre: il tuo amore misericordioso ti porta ovunque, quell’amore che ha la fonte nel Cuore divino. Ovunque il Crocifisso sparge il suo sangue prezioso, portando sollievo, guarigione e redenzione. I suoi occhi ti guardano, ti interrogano, ti mettono alla prova: Vuoi, di nuovo, ma seriamente, stringere un’alleanza con il Crocifisso? ... Che cosa gli risponderai? …”.
- Da SR. AGNESE della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Lezioni sulla Piccola Regola
LO SPIRITO E IL NOSTRO RAPPORTO CON CRISTO
Nella nostra vita spirituale tutto dipende dallo Spirito, tutto dipende dal nostro rapporto con Lui; anche il nostro rapporto con Cristo dipende dallo Spirito Santo, dice il Vangelo di Giovanni: “Quando verrà il Paraclito che io vi manderò da presso il Padre, lo Spirito di Verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me” (15,26). Noi possiamo conoscere il Cristo, avere certezza della sua natura divina e della sua realtà solo nello Spirito, e, se non è Lui ad aprirci il cuore a questa conoscenza, anche Cristo non è niente per noi.
Dice SAN FRANCESCO che molti hanno conosciuto il Cristo nella sua vita mortale, ma per tanti è stato un uomo come gli altri, perché lo Spirito Santo non aveva aperto il loro cuore a comprendere il mistero di quell’Uomo: vederlo soltanto non bastava. Anche a noi non basta leggere la sua storia, se lo Spirito non ci apre il cuore alla conoscenza di Gesù. Don Giuseppe dice d’invocare molto lo Spirito come “Spirito di verità” perché ci riveli la verità di Cristo in modo da conoscerlo nella verità e nell’amore, una verità che diventi amore di Cristo, una verità che collega immediatamente al Cristo: solo lo Spirito Santo può darla, non viene assolutamente dal nostro cuore.