3° incontro

- Dallo STATUTO e dal DIRETTORIO
St. 2.5.3) Portare Cristo in noi e tra noi per renderlo presente e offrirlo agli altri come il Bene più grande è l’opera di evangelizzazione possibile a tutti. A tal fine ogni consacrato dia una testimonianza umile e autentica di preghiera e di vita cristiana, con capacità di amore e di servizio ovunque, a partire dai più vicini, in casa, nel lavoro. Si sia operatori di pace, generosi e pazienti nella propria realtà concreta.
Dir. 2.5.3) La missione, la testimonianza e il servizio del Vangelo. A seconda della propria chiamata e delle disposizioni del Signore, si sarà missionari nella carità, nella preghiera, nell’azione, o nella sofferenza. Ogni comportamento e ogni impegno dovranno essere segno del proprio incontro con Dio.
Ci si richiami, tra fratelli nella fede, al dovere di “dare a Dio quello che è di Dio”. Si faccia gran conto del senso della famiglia, del senso civico, della competenza professionale e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, cioè la probità, la giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza d’animo, senza le quali non vi può essere nemmeno vita cristiana. Il lavoro sia compiuto con zelo religioso, vigilando perché non diventi l’impegno più importante cui tutto è da sacrificare.

- Dalla Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II LUMEN GENTIUM (8 §65)
Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine quella perfezione, che la rende senza macchia e senza ruga (cfr Ef 5,27), i fedeli del Cristo si sforzano ancora di crescere nella santità per la vittoria sul peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti. La Chiesa, raccogliendosi con pietà nel pensiero di Maria, che contempla alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nel supremo mistero dell’incarnazione e si va ognor più conformando col suo sposo. Maria infatti, la quale, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera le esigenze supreme della fede, quando è fatta oggetto della predicazione e della venerazione chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre. A sua volta la Chiesa, mentre ricerca la gloria di Cristo, diventa più simile al suo grande modello, progredendo continuamente nella fede, speranza e carità e in ogni cosa cercando e compiendo la divina volontà. Onde anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a colei che generò il Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della Chiesa. La Vergine infatti nella sua vita fu modello di quell’amore materno da cui devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini.

- Da SR. AGNESE della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Lezioni sulla Piccola Regola, dal Quinto incontro


“ALLA BEATA MARIA, MADRE DI DIO, SEMPRE VERGINE, IMMACOLATA E ASSUNTA” - seconda parte
La Madonna nella Scrittura
Sul rapporto con la Madonna don Giuseppe dice soprattutto che è importante che sia fondato su due punti: la Scrittura e quello che ne dice la Regola. Questo è da tenere molto presente, anche perché oggi, ancora di più rispetto al ’76, c’è una grande fioritura, un grande pullulare di devozioni mariane di vario genere, di gruppi mariani, ecc., ma la cosa importante è fondare la devozione alla Madonna su basi molto solide, molto sicure, molto garantite.
La garanzia più grande di tutte è sempre la Parola di Dio: don Giuseppe ha fatto un elenco di testi mariani fondamentali, che alla fine non sono poi moltissimi:
- il Vangelo dell’Annunciazione e i brani che seguono: la Visitazione e il Magnificat;
- Giovanni al cap. 19, la consegna della Madre al discepolo;
- il brano della Pentecoste, dove Maria è col gruppo di discepoli;
- e poi Galati 4,4: “Quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”.
Ci sono anche altri testi mariani, ma mariani più per applicazione che in sé: la donna di Apocalisse 12, per esempio, è applicata a Maria nella lettura della Chiesa, ma non parla della Madonna come persona storica.
Dice don Giuseppe che questi testi mariani bisogna metterli al centro della nostra preghiera, meditarli e rimeditarli, ripercorrerli molto spesso. C’è un punto molto bello in cui dice: “I testi mariani sono quelli ai quali attingiamo continuamente il succo, la midolla, a suo tempo, dell’Evangelo e della nostra lettura della Scrittura e così, quindi, della nostra comunione con la Vergine, perché in questi testi appunto la Vergine appare nel suo ruolo del mistero della salvezza e si chiariscono sempre di più le nostre idee; si depositano, per così dire, sul fondo tutte le eventuali scorie della nostra stessa devozione mariana. E invece si afferma in modo dominante la nostra visione della Vergine al centro del mistero dell’Incarnazione e dell’opera della redenzione”.
I testi mariani non solo sono importanti per la devozione alla Madonna e per impostare bene il rapporto con lei, ma sono importanti per il nostro rapporto col Vangelo in generale.
Del resto il testo dell’Annunciazione è proprio la sintesi del Vangelo, come dice il suo nome. I greci lo chiamano euanghelismos: l’Annunciazione è il Vangelo per eccellenza, è l’annuncio per eccellenza, perché vi sono contenuti tutti i temi principali dell’Evangelo, tanto che don Giuseppe consigliava di intercalare ogni tanto la lectio con la rilettura di brani mariani, specialmente l’Annunciazione e Gv 19.
Se provate a farlo, vedrete che si illuminano moltissimo l’un l’altro e quasi sempre trovate che il brano dell’Annunciazione vi dà una luce nuova su quello che state leggendo – un altro testo della Scrittura purchessia – perché, in qualche modo, è come una messa a fuoco di tutto il mistero dell’Incarnazione, a cui sempre si collega. È come una lente che concentra, che fa convergere tutti i raggi in un fuoco unico: la luce si intensifica su quel punto che è più facile vedere le linee fondamentali di un testo; sotto quella luce è come se emergesse da quel testo tutto il valore cristologico di salvezza.
Quando ci diceva queste cose, pensavamo che non le avremmo mai dimenticate, per tutta la vita, e invece poi succede che ci si dimentica. Riprenderle adesso è molto bello, perché riemergono e risuonano con la stessa forza e senso di novità che avevano allora. Evidentemente c’era non tanto la trasmissione di una dottrina, quanto la generazione della nostra fede e della nostra preghiera.
Quindi vi invito a farlo. Naturalmente voi mi direte che a malapena riuscite a leggere il testo della lectio e quindi è difficile intercalare un altro testo. Capisco molto bene, ma provate ogni tanto a riprendere qualche versetto. Per esempio, il sistema dell’Angelus. Non per niente la pietà cristiana ha avuto questa intuizione fondamentale, che un tempo era diventata tradizione per tutto il popolo cristiano: ripetere l’Angelus tre volte al giorno. L’Angelus nella sostanza è veramente il Vangelo dell’Annunciazione nei suoi punti fondamentali con l’aggiunta, per di più, di un pezzo del Prologo di Giovanni: “E il Verbo si fece carne”. La ripetizione dell’Angelus tre volte al giorno, che si faceva magari nei campi o dovunque ci si trovasse quando suonava la campana che chiamava il popolo alla preghiera, era un’intuizione meravigliosa del popolo cristiano. Non era una piccola devozione, perché è molto singolare che la nostra Chiesa, nella pietà mariana fondamentale, abbia sempre usato la Scrittura. Il Rosario è praticamente tutto Scrittura, che la devozione popolare della nostra Chiesa ha mantenuto. Quindi l’Angelus è una preghiera molto bella, e ripristinarla in qualche momento della giornata ci aiuterebbe ad averla nella testa e nell’anima, quando poi si legge il capitolo della lectio.
Non ricordavo più questa indicazione e mi ha colpito ritrovarla, perché è una intuizione molto bella, nella linea della nostra tradizione. Può essere come una specie di sottofondo, di sfondo su cui disegnare tutti gli altri testi; è uno sfondo ampio, giusto e non ci permette di sbagliare quando leggiamo altre cose.
Questo è il primo punto, cioè impostare il rapporto con la Madonna com’è nella Scrittura, tenendo presenti soprattutto questi testi mariani fondamentali.

- Dalla Catechesi di PAPA FRANCESCO all’udienza generale di mercoledì 22 marzo 2023
LA PRIMA VIA DI EVANGELIZZAZIONE: LA TESTIMONIANZA
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi ci mettiamo in ascolto della “magna carta” dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo: l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di San Paolo VI (8 dicembre 1975). È attuale, è stata scritta nel 1975, ma è come se fosse scritta ieri. L’evangelizzazione è più che una semplice trasmissione dottrinale e morale. È prima di tutto testimonianza: non si può evangelizzare senza testimonianza; testimonianza dell’incontro personale con Gesù Cristo, Verbo Incarnato nel quale la salvezza si è compiuta. Una testimonianza indispensabile perché, anzitutto, il mondo ha bisogno di «evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia loro familiare» (EN, 76). Non è trasmettere un’ideologia o una “dottrina” su Dio, no. È trasmettere Dio che si fa vita in me: questo è testimonianza; e inoltre perché «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, […] o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (ibid., 41). La testimonianza di Cristo, dunque, è al tempo stesso il primo mezzo dell’evangelizzazione (cfr ibid.) e condizione essenziale per la sua efficacia (cfr ibid., 76), perché sia fruttuoso l’annuncio del Vangelo. Essere testimoni. Occorre ricordare che la testimonianza comprende anche la fede professata, cioè l’adesione convinta e manifesta a Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, che per amore ci ha creati, ci ha redenti. Una fede che ci trasforma, che trasforma le nostre relazioni, i criteri e i valori che determinano le nostre scelte. La testimonianza, pertanto, non può prescindere dalla coerenza tra ciò che si crede e ciò che si annuncia e ciò che si vive. Non si è credibili soltanto dicendo una dottrina o un’ideologia, no. Una persona è credibile se ha armonia tra quello che crede e quello che vive. … Ognuno di noi è chiamato a rispondere a tre domande fondamentali, così formulate da Paolo VI: “Credi a quello che annunci? Vivi quello che credi? Annunci quello che vivi?” (cfr ibid.). C’è un’armonia: non ci possiamo accontentare di risposte facili, preconfezionate. Siamo chiamati ad accettare il rischio anche destabilizzante della ricerca, confidando pienamente nell’azione dello Spirito Santo che opera in ciascuno di noi, spingendoci ad andare sempre oltre: oltre i nostri confini, oltre le nostre barriere, oltre i nostri limiti, di qualsiasi genere. In questo senso, la testimonianza di una vita cristiana comporta un cammino di santità, basato sul Battesimo, che ci rende «partecipi della natura divina, e perciò realmente santi» (Cost. dogm. Lumen gentium, 40). Una santità che non è riservata a pochi; che è dono di Dio e richiede di essere accolto e fatto fruttificare per noi e per gli altri. Noi scelti e amati da Dio, dobbiamo portare questo amore agli altri. Paolo VI insegna che lo zelo per l’evangelizzazione scaturisce dalla santità, scaturisce dal cuore che è pieno di Dio. Alimentata dalla preghiera e soprattutto dall’amore per l’Eucaristia, l’evangelizzazione a sua volta fa crescere in santità la gente che la compie (cfr EN, 76). Al contempo, senza la santità la parola dell’evangelizzatore «difficilmente si aprirà la strada nel cuore dell’uomo del nostro tempo», ma «rischia di essere vana e infeconda» (ibid.). Allora, dobbiamo essere consapevoli che destinatari dell’evangelizzazione non sono soltanto gli altri, coloro che professano altre fedi o che non ne professano, ma anche noi stessi, credenti in Cristo e membra attive del Popolo di Dio. E dobbiamo convertirci ogni giorno, accogliere la parola di Dio e cambiare vita: ogni giorno. E così si fa l’evangelizzazione del cuore. Per dare questa testimonianza, anche la Chiesa in quanto tale deve cominciare con l’evangelizzare se stessa. Se la Chiesa non evangelizza se stessa rimane un pezzo da museo. Invece, quello che la aggiorna continuamente è l’evangelizzazione di se stessa. Ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. La Chiesa, che è un Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli – tanti –, ha sempre bisogno di sentir proclamare le opere di Dio. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d’essere evangelizzata, ha bisogno di prendere il Vangelo, pregare e sentire la forza dello Spirito che va cambiando il cuore (cfr EN, 15). Una Chiesa che si evangelizza per evangelizzare è una Chiesa che, guidata dallo Spirito Santo, è chiamata a percorrere un cammino esigente, un cammino di conversione, di rinnovamento. Ciò comporta anche la capacità di cambiare i modi di comprendere e vivere la sua presenza evangelizzatrice nella storia, evitando di rifugiarsi nelle zone protette dalla logica del “si è sempre fatto così”. Sono dei rifugi che ammalano la Chiesa. La Chiesa deve andare avanti, deve crescere continuamente, così rimarrà giovane. Questa Chiesa è interamente rivolta a Dio, quindi partecipe del suo progetto di salvezza per l’umanità, e, nello stesso tempo, interamente rivolta verso l’umanità. La Chiesa dev’essere una Chiesa che incontra dialogicamente il mondo contemporaneo, che tesse relazioni fraterne, che genera spazi di incontro, mettendo in atto buone pratiche di ospitalità, di accoglienza, di riconoscimento e integrazione dell’altro e dell’alterità, e che si prende cura della casa comune che è il creato. Cioè, una Chiesa che incontra dialogicamente il mondo contemporaneo, dialoga con il mondo contemporaneo, ma che incontra ogni giorno il Signore e dialoga con il Signore, e lascia entrare lo Spirito Santo che è il protagonista dell’evangelizzazione. Senza lo Spirito Santo noi potremmo soltanto fare pubblicità della Chiesa, non evangelizzare. È lo Spirito Santo in noi, quello che ci spinge verso l’evangelizzazione e questa è la vera libertà dei figli di Dio. Cari fratelli e sorelle, vi rinnovo l’invito a leggere e rileggere l’Evangelii nuntiandi: io vi dico la verità, io la leggo spesso, perché quello è il capolavoro di San Paolo VI, è l’eredità che ha lasciato a noi per evangelizzare.