7° incontro

- Dallo STATUTO e dal DIRETTORIO
St. 2.4.3) L’autenticità della preghiera si verifica dal bisogno di prolungare la preghiera liturgica e di farla risuonare nella propria preghiera personale. Il consacrato in tal modo si apre sempre più ad un rapporto vivo e personale col Dio vivo.
Si tratta di imparare a vivere la presenza reale di Dio sempre, anche quando si compiono i gesti più umili della vita quotidiana. Per ubbidire al comando di Gesù di pregare sempre senza stancarsi si suggerisce ai consacrati, come segno di affidamento a Lui, l’invocazione del Nome di Gesù e di brevi suppliche evangeliche nel desiderio di custodire un'attenzione intima al Signore.
L’ascolto e l’assimilazione della Parola di Dio, la preghiera insieme a una vera comunione fraterna in Cristo sono facilitati dal raccoglimento e dal silenzio, per quanto possibile.
Dir. 2.4.3 §4) L’invocazione fiduciosa allo Spirito Santo aiuti ad entrare nella preghiera, apra alla comprensione della Parola di Dio, e accompagni nella fatica di ogni giorno perché unicamente la preghiera, unita al sacrificio nel dono sincero di sé, dà valore alla vita umana, aprendola alla salvezza di Dio.

- Dalla Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di SAN PAOLO VI (7 §80)

Conserviamo dunque il fervore dello spirito. Conserviamo la dolce e confortante gioia d’evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. Sia questo per noi - come lo fu per Giovanni Battista, per Pietro e Paolo, per gli altri Apostoli, per una moltitudine di straordinari evangelizzatori lungo il corso della storia della Chiesa - uno slancio interiore che nessuno, né alcuna cosa potrà spegnere. Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate. Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.

- Da SR. AGNESE della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Lezioni sulla Piccola Regola, dal Quinto incontro

“ALLA BEATA MARIA, MADRE DI DIO, SEMPRE VERGINE, IMMACOLATA E ASSUNTA” - settima parte
La tentazione di sentirsi soli
C’era un’altra cosa in cui don Giuseppe consigliava di invocare la Madonna: quando si ha tentazione di sentirsi soli. Invocandola, scompare il senso di solitudine, solitudine negativa intendiamoci, cioè di non essere capiti da nessuno, di essere poco amati, di essere emarginati, lontani. L’invocazione della Madonna ti dà il senso di presenza che fa recuperare tutti i valori di comunione che in verità possiedi, ma che in quel momento non percepisci.
A volte si ha questa impressione di grande solitudine, ed è anche vera a livello di esperienza, perché credo che non ci sia nessuno che non abbia provato nella sua vita un senso di solitudine, anche in mezzo a tanta gente, a persone a cui vuole bene. La solitudine ontologica, diciamo così, sostanziale, uno la sente, la percepisce, perché c’è sempre una zona in cui non entra nessuno; ma, quando uno si ripiega su di essa, è facile che possa lasciarsi prendere dalla tristezza o da una specie di senso di abbattimento. In questo caso bisogna invocare la Madonna, chiamarla vicino, perché sia lei a riempire la solitudine e ci faccia capire tutti i valori di comunione reale che invece il Signore ci ha dato rispetto alle persone che ci sono vicine.
Il Rosario
Don Giuseppe ha parlato anche del Rosario: “Il Rosario è una preghiera di comunione con la Vergine”. È il momento in cui si sta insieme con la Madonna. Molte volte il Rosario è distrattissimo, la testa va dove vuole, non fissa l’attenzione, però stiamo lì, la teniamo per mano, è uno stare in qualche modo attaccati a Lei. Per don Giuseppe l’importanza del Rosario sta nel fatto che si tratta di una preghiera tipica della nostra Chiesa, cioè consacrata dalla tradizione.
È molto importante entrare nel flusso della tradizione della nostra Chiesa in cui generazioni di persone piccole, povere, umili, e tutti quelli che ci hanno preceduto, hanno pregato con questa preghiera. Il fatto di immergersi in una realtà che veramente unifica tante generazioni, è un flusso di grazia molto grande, sul quale don Giuseppe ha insistito tantissimo.
Negli anni dei nostri inizi c’era una grande reazione contro il Rosario: anche oggi quasi in nessuna famiglia religiosa si dice il Rosario, messo al punto giusto, non quando si dorme. E questo per la fede che lui ha nella forza della tradizione del popolo cristiano, un po’ come si diceva per l’Angelus, e proprio per questo ci indica di entrare nel flusso: noi in fondo siamo piccoli, abbiamo delle teste che magari ragionano un po’, ma in fondo siamo piccoli, ed è bene che ci sentiamo alla scuola dei piccoli, dei poveri, dei malati, alla scuola dei tanti che dicono il Rosario sulla faccia della terra.
Permette di sostituire il Rosario solo da due cose: dall’Akathistos e dalle Paraclisi, le due preghiere tipiche della Chiesa d’Oriente. Lì c’è lo stesso tipo di tradizione, tutto il popolo dell’Ortodossia prega con queste due preghiere. Il concetto fondamentale è questo: una preghiera tipica e condivisa da moltissimi.
“Deve essere una preghiera che ci associa alla Chiesa, e che ci dà una dimensione universale. Ci accomuna di più a tutti, vivi e morti, milioni e milioni di cristiani. L’importanza del Rosario è tale che non deve essere la Cenerentola delle preghiere, deve avere un posto nella nostra giornata”.
Questo lo diceva a noi monaci che abbiamo una giornata in cui possiamo sistemare le cose: per voi, quando e come potete farlo, senza considerarlo però una cosa da scartare a priori. Quando si può e dove si può. È una preghiera che si può dire in macchina, in treno, si può dire dappertutto, non ha bisogno di grandi strumentazioni e forse per voi può essere anche più facile di un’altra preghiera. Come l’Angelus. È un tipo di preghiera che può essere più immediata e più facilmente accessibile. Don Giuseppe suggerisce anche di “richiamare le intenzioni secondo la Regola”, cioè, ricordarci di farlo per essere in comunione con i piccoli, con i poveri; quindi ogni tanto ricordarci che lo diciamo in comunione con tanta povera gente, con tanti piccoli, tenendoci nel cuore questi compagni di preghiera invisibili, che lo dicono con noi.
Don Giuseppe ritiene che questa preghiera ci debba essere nella nostra giornata e afferma che quando si insiste un po’ col Rosario ne vengono sempre grandi grazie alla comunità e ai singoli.

- Dalla Catechesi di PAPA BENEDETTO XVI all’udienza generale di mercoledì 13 gennaio 2010
Continuiamo a guardare alla storia del Cristianesimo, per vedere come si sviluppa una storia e come può essere rinnovata. In essa possiamo vedere che sono i santi, guidati dalla luce di Dio, gli autentici riformatori della vita della Chiesa e della società. Maestri con la parola e testimoni con l’esempio, essi sanno promuovere un rinnovamento ecclesiale stabile e profondo, perché essi stessi sono profondamente rinnovati, sono in contatto con la vera novità: la presenza di Dio nel mondo. Tale consolante realtà, che in ogni generazione cioè nascono santi e portano la creatività del rinnovamento, accompagna costantemente la storia della Chiesa in mezzo alle tristezze e agli aspetti negativi del suo cammino. Vediamo, infatti, secolo per secolo, nascere anche le forze della riforma e del rinnovamento, perché la novità di Dio è inesorabile e dà sempre nuova forza per andare avanti.